La cessione del quinto è una tipologia di prestito personale, diffusa soprattutto tra lavoratori dipendenti e pensionati, che si ottiene più facilmente rispetto ad altri prestiti perché la rata mensile del piano di rientro viene trattenuta direttamente in busta paga o sul cedolino della pensione, e girata all’istituto di credito (banca o finanziaria) direttamente dal datore di lavoro o dall’ente previdenziale. Per questo non sono necessarie particolari garanzie a supporto della domanda: il contratto di lavoro a tempo indeterminato (con relativo TFR accumulato in azienda) o la pensione del richiedente sono quasi sufficienti per ottenere l’apertura del finanziamento. Ma anche la cessione del quinto può essere rifiutata: non capita spesso ma purtroppo capita.
I principali motivi di un rifiuto della cessione del quinto, se si è un lavoratore dipendente, possono essere:
Nel caso di un pensionato, invece, la cessione del quinto può essere rifiutata per:
Nel caso in cui la richiesta di cessione del quinto venga rifiutata, è opportuno capire qual è la causa del rifiuto. Conoscere, infatti, la motivazione reale del rifiuto della cessione del quinto, è importante per sapere se esistano soluzioni al problema.
L’assenza del TFR può rappresentare un problema per richiedere un prestito tramite la cessione del quinto, in quanto si tratta di una garanzia importante per le banche e le finanziarie. Tuttavia il trattamento di fine rapporto potrebbe mancare per vari motivi, ad esempio in presenza di un’assunzione recente oppure perché è già stato richiesto un anticipo.
In questo caso la domanda potrebbe essere negata, e il prestito rifiutato, tuttavia è possibile contattare il servizio clienti della società di credito al consumo per valutare la possibilità di alternative adeguate. In particolare, al posto del TFR potrebbero essere fornite altre garanzie, come polizze assicurative aggiuntive oppure un garante in possesso dei requisiti.
Ogni caso viene valutato in modo individuale, considerando anche l’affidabilità del datore di lavoro, le dimensioni dell’impresa e il settore in cui l’azienda opera. Altrimenti, al posto della cessione del quinto senza TFR è possibile scegliere altri tipi di prestiti, verificando la disponibilità di finanziamenti adatti alla propria situazione per soddisfare comunque le esigenze personali di liquidità.
Come abbiamo visto, un motivo per il quale la cessione del quinto può essere rifiutata è uno scarso TFR accumulato, un problema soprattutto per i dipendenti neoassunti di aziende private. Il trattamento di fine rapporto, infatti, è importante per fornire delle garanzie adeguate al momento della richiesta del prestito, inoltre incide sull’importo ottenibile.
Di norma, il TFR minimo per la cessione del quinto è legato all’anzianità di servizio, una soglia che per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato neoassunti di aziende private deve essere di almeno 6 mesi. Ad ogni modo questo parametro può cambiare in base al tipo di impresa del datore di lavoro, in quanto è legato al coefficiente assicurativo e al TFR accumulato.
In alcuni casi l’anzianità di servizio minima può arrivare anche a 12 o 24 mesi, ad esempio per le piccole aziende e le società di tipo SAS o SNC. Al contrario, per i dipendenti pubblici, statali e parastatali la cessione del quinto può essere concessa con un TFR minimo più basso, ad esempio già con appena 3 mesi di anzianità di servizio.